Come rendere efficace la comunicazione genitore/figli
L’ABbraccio è per me un importante luogo di riflessione, che mi consente di riadattare in continuazione il mio essere genitore in base alle necessità affettive ed emozionali di mia figlia. Mi stimola a studiare, confrontarmi e migliorarmi continuamente.
Occupandomi di genitorialità positiva, dedico grande spazio alla ricerca di soluzioni circensi ai problemi quotidiani, utilizzando una comunicazione efficace e rispettosa.
Ho imparato, provando e riprovando, che sono tante le cose che si possono fare affinché il messaggio che parte dal genitore arrivi, sia compreso e accettato dai figli. Diamo spesso per scontato che basti dire qualcosa affinché nostro figlio recepisca quello che vogliamo comunicargli ma in realtà affinché la comunicazione sia efficace è necessario che si realizzino una serie di condizioni. Parleremo qui di una tra di esse in particolare: stabilire una connessione. Così come non possiamo entrare su Facebook se non siamo connessi a Internet, non possiamo instaurare una comunicazione efficace se non siamo connessi con il nostro interlocutore.
Per spiegare bene questo concetto, mi piacerebbe partire da uno degli esempi di cui parlano Adele Faber e Elaine Mazlish, esperte in comunicazione intergenerazionale, nei loro libri. Un genitore che partecipa alle loro riunioni ha bisogno di far capire a suo figlio che deve tornare a casa in tempo per la cena; fino a quel momento la forma di comunicare prevedeva i classici: “Sei tornato tardi come sempre” o “Non sei affidabile” e nonostante le ramanzine il figlio tornava sempre tardi.
Questo tipo di comunicazione manifesta e fa nascere nelle persone coinvolte almeno due sentimenti: rabbia nel genitore e svilimento nel figlio. Una comunicazione non sana impedisce di creare un terreno fertile dove seminare i semi del dialogo costruttivo. Di certo, nell’esempio le due parti non erano connesse, non era stato creato un legame comunicativo che avrebbe potuto consentire ad ogni parte di spiegare le proprie ragioni e trovare una soluzione.
Cosa vuol dire quindi connettersi? Significa creare un legame, un punto in comune tra le parti che comunicano, cercare di sentire e accogliere quello che prova e le ragioni dell’altro. La relazione comunicativa tra genitore è figlio non è paritaria: non possiamo pretendere quindi che i nostri figli, prima di raggiungere l’età adulta, riescano e capiscano l’importanza di creare questa connessione. Siamo noi che dobbiamo dargli gli strumenti e insegnargli come fare.
Arduo compito? Sì, ma come sempre non impossibile! Cosa potremmo fare per migliorare il nostro modo di comunicare?
- Mettersi nei panni di chi ci ascolta: mio figlio è in grado di capire quello che sto dicendo? Quello che dico va bene per la sua età? Come quello che sto dicendo fa sentire mio figlio?
- Predisponiamo l’ambiente per poter instaurare la comunicazione: per esempio, niente cellulari ne musica alta.
- Pratica della presenza: essere presenti qui e ora, mettersi all'altezza dei nostri figli per parlargli e cercare di stabilire un contatto visivo.
- Utilizzare il giusto tono di voce: parlare con fermezza ma senza urlare.
- Meglio poco che tanto: evitare di fare una sfilza di richieste o un monologo, ma esprimere cosa per noi è importante con poche parole.
Come sempre, provare per credere!
Se volete saperne di più, raccontarmi la vostra esperienza o volete sapere com’è andata a finire con il bambino ritardatario scrivetemi pure!
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